In un
bellissimo CD intitolato Viva l’Italia,
Ana Belén inclusse una versione dell'omonima canzone firmata da Francesco de
Gregori. Nel testo spagnolo, leggermente differente, dice così: «Viva l’Italia:
/ l’Italia che si risveglia e non ha paura; / viva l’Italia, / l’Italia che io
amo». Anch’io amo di cuore il Paese transalpino, in cui ho vissuto e dove mi sono sentito come a casa mia, e amo i suoi abitanti: tranquilli,
frenetici, sviscerati, spesso geniali, quasi sempre tanto cari.
Quasi sempre. Silvio Berlusconi ha incominciato la campagna elettorale
schierandosi contro la Germania e promettendo mari e monti a un Paese che
mostra segni di esaurimento materializzati, ad esempio, nel successo del
partito di Beppe Grillo come forza politica alternativa davanti all’immobilità
dei partiti tradizionali. Il problema non si cela nella demolizione (in Italia,
Germania o Spagna) delle forme sclerotizzate di gestire la convivenza. Questa
operazione mi sembra rischiosa ma allo stesso tempo promettente. No. Il
problema è piuttosto la visibilità sociale di un personaggio come Silvio.
Il termine ‘persona’ ha una matrice nettamente relazionale: procede dal
linguaggio teatrale classico riguardante le maschere degli attori. La
derivazione ‘personaggio’ sta a additare qualcuno dalle caratteristiche note,
peculiari o perfino strafottenti. Una persona per bene può diventare un
personaggio deplorevole. E trascinare molti dietro a sè. Eccovi un esempio:
l’impero mediatico del Cavaliere, avvitato in torno a Tele Cinque, ha inoculato
in Europa un modello televisivo (quello dei reality shows
e i debattiti a squarciagola) per cui il banale, il grossolano e il degradante
sono diventati moneta di scambio: una gravissima responsabilità nei confronti
di tanti giovani e adulti sedotti e alienati dal narcotico di Tele Cinque e
altri mezzi in cerca di denaro facile.
Mercoledí 12 dicembre, Ezio
Mauro si domandava ne La Repubblica sulla
risonanza del ritorno berlusconiano: «Quale memoria resta nel continente della
dismisura come regola di vita politica e personale? (...) È questo che l’Italia
paga, ed è da tutto questo che deve sentirsi offesa, per il danno subito e per
il costo nel suo onore internazionale». Barbara
Spinelli è andata oltre. Congettura «che Berlusconi coltivi l’idea di
accentuare il caos: condizionando chi governerà, destabilizzando, lucrando su
un antieuropeismo popolare oltre che populista. Dilatando risentimenti che reclameranno
poi un uomo forte». Quello stesso mercoledì pomeriggio seguii su internet l’intervento
di Berlusconi nella presentazione di un libro di Bruno Vespa: una arringa
condita da fervidi applausi a carico di infervorati tifosi.
Berlusca torna sul ring.
E’ disposto ad abbattere i competitori con il suo verbo populista e grossolano.
Quanto vorremmo che abbandonasse la sua decadente veste di personaggio, che
tornasse in sé stesso e crescesse fino a raggiungere la statura ideale che si
addice a un uomo di Stato: prima che la ferita diventi più profonda e la paura
infuri. Quanto ci rallegreremmo: per lui, per noi e per la bella Italia.
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Traduzione dell'articolo "Berlusconi: de la persona al personaje", pubblicato nel giornale La
verdad di Alicante (19/12/2012, p.
21). Immagine: "La caduta", di Enrico Sabatini / Nerogotico
(www.flickr.com), ispirato alla locandina del film di Oliver
Hirschbiegel Der Untergang (2004).
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