sábado, 3 de septiembre de 2011

Lavorare instancabilmente








Per seconda volta e con grandissimo piacere ho letto il romanzo di Fiodor Dostoievskij I fratelli Karamazov. E l'ho fatto di nuovo nella traduzione di Maria Rosaria Fasanelli pubblicata presso Garzanti: per me le parole del maestro russo risuonano nella lingua del Dante.

Che tesoro, quello delle vicende di Dimitrij, Ivan e Alioscia, che si intrecciano con le inquietudini di ogni uomo ed epoca! Imparai a conoscerlo durante il mio soggiorno romano grazie alle lezioni di O'Donnell sul problema del male. Di acqua ne è passata sotto i ponti, ma ogni volta getta luce nuova sulla mia vita.

Quest'estate erano le parole dello starec Zosima a colpirmi specialmente. Più volte consiglia Alioscia di lavorare, di lavorare senza posa. Se ne trova la ragione ultima nella sua risposta alla disperata vedova Chochlakova: è dall'amore attivo che scaturisce la fede - l'esperienza dell'amore cioè apre la via della conoscenza di Dio ad ogni uomo, credente o meno. Poi è la fede a rendere più saldo l'amore umano, spesso così fragile ed esitante. Zosima-Dostoievskij si schiera così contro la tesi di Ivan (e di certa interpretazione di Nietzsche o dell'esistenzialismo) sulla morte di Dio

Anch'io mi trovo così all'inizio di quest'anno accademico: chiamato a lavorare instancabilmente succeda quel che succeda, spinto ad aggiungere il mio granellino di sabbia ("la mia cipollina", direbbe Alioscia) alla costruzione di una società nuova e migliore. Ecco perché la peripezia dei Karamazov è stata per me un aiuto rinnovato e un soffio d'aria fresca. 

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Immagine: copertina de I fratelli Karamazov nella seconda edizione della traduzione di M. R. Fasanelli presso Garzanti (2008).   


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